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Convento di S. Francesco di Paola o S. 
Maria delle Grazie o della Forestella o della ss. Trinità 
  
La storia di questo convento 
è alquanto ingarbugliata, almeno nella dedica della sua chiesa, il cui titolo fu 
inizialmente dedicato a s. Maria delle Grazie, come ci riferisce G. Fiore, ed 
edificata “assai fuori le mura” di Belcastro dai fratelli “Giovan Alfonso e 
Stefano Puglisi, Cittadini del luogo”. 
Da una relazione del vescovo 
Carlo Sgombrino del 1659 apprendiamo che la chiesa, originariamente, era una 
semplice cappella votiva la quale fu data in seguito ai frati francescani 
Terziari di s. Francesco di Paola che, intorno ad essa, costruirono il loro 
convento nel 1393. 
Dalla citazione dello 
scrittore cropanese e dalla relazione del vescovo belcastrese, quindi, scopriamo 
che i Terziari, verso la fine del secolo XIV, erano già a Belcastro. 
Anche P. Russo riferisce che, 
nel 1433, a Belcastro vi era il convento dei frati terziari di s. Maria della 
Forestella e quindi, da questa segnalazione, veniamo a sapere che il convento si 
trovava in località Forestella, come volgarmente veniva chiamato anche il 
convento.  
Esso fu certamente un piccolo 
convento che ebbe vita breve perché, nelle relazioni vescovili, il cui ciclo 
inizia dal 1592, s. Maria della Forestella non è mai ricordata come chiesa 
cultuale, se non il breve cenno di monsignor Sgombrino che ne accenna 
semplicemente le origini.  
Figura a Belcastro, però, 
nelle relazioni dei vescovi (n.d.r. dal 1592) un convento dei Terziari, 
sotto l’invocazione della s. Trinità. È verosimile che quello della Forestella 
cessò la sua attività forse per la poca salubrità del luogo, ricostituendosi in 
luogo più vicino a Belcastro, vale a dire in contrada s. Francesco, mutandone 
anche il titolo dedicatorio. 
Il Fiore, inoltre, riferisce 
che nel 1504 a Belcastro vi era un convento di clausura di monache francescane, 
la cui chiesa era dedicata alla Trinità e dove vi si erano ritirate anche le 
suore di San Biagio (Sambiase). Il riferimento del Fiore sulle monache di 
clausura francescana a Belcastro è da accettare ad occhi chiusi, 
il quanto la notizia, storicamente, è di poco anteriore all’epoca in cui visse 
il monaco cappuccino cropanese (1622 – 1686). Quindi è ipotizzabile che il 
convento di contrada s. Francesco non fu costruito dai frati provenienti da 
quello della Forestella, ma esisteva già come convento di monache. 
Evidentemente, le suore di Belcastro abbandonarono, al loro volta, il convento 
per un’altra sede e, in conseguenza di ciò, vi si stabilirono i frati terziari 
che mantennero il titolo dell’altare ecclesiale della ss. Trinità, dato prima 
dalle monache e del quale parlano anche le relazioni vescovili. Quindi il 
convento, abbandonato dalle monache nel corso del 1500, fu preso in consegna dai 
frati francescani che vi si stabilirono, abbandonando quello della Forestella.
 
In alcune relazioni, però, 
accanto al nome della ss. Trinità, continua a figurare anche il nome della 
chiesa di s. Maria delle Grazie (cioè della Forestella) e ciò si potrebbe 
spiegare col fatto che quest’ultima rimase tale solo nominalmente per indicarne 
il reddito nelle relazioni dei vescovi belcastresi. Infatti, monsignor De 
Napoli, nell’elencare nel 1645 le otto chiese di Belcastro ne indica anche il 
numero delle messe settimanali; di s. Maria delle Grazie, però, ne riferisce 
solo il reddito senza indicarne le messe. Ciò potrebbe far supporre la chiusura 
al culto della vecchia chiesa   - che fra l’altro si trovava lontano 
dal centro abitato -  ed il suo trasferimento nell’abitato di Belcastro, 
sotto il nome della ss. Trinità, col quale nome figura il convento dei Terziari 
nel 1569.
 
Ma anche qui il convento non 
ebbe vita florida sia per la tenuità delle sue entrate sia per la scarsa 
frequentazione dei frati dell’ordine.  
Infatti era divenuto in netta 
decadenza, tanto che lo stesso vescovo de Napoli, nella sua relazione dell’1 
dicembre 1645, annotava che vi erano soltanto due monaci ed aveva una rendita 
annua di 70 ducati, 
consigliandone la chiusura al culto. 
E difatti, con la riforma 
innocenziana, che prevedeva l’abolizione dei piccoli conventi, nel 1653 il 
convento veniva soppresso e le sue magre entrate assegnate alla mensa vescovile 
di Belcastro, anch’essa scarsa per una diocesi vescovile. 
  
8 gennaio 2004 |